Costume di Balme
Bisogna copiarlo fedelmente , perché sia l’autentico costume di Balme: Ala e Lanzo hanno preso spunto da quelli di Balme e di Viù, ed hanno creato un costume diverso, da non prendere come modello ( viene definito genericamente il costume delle Valli di Lanzo )
Vestito da donna
Sottana
Parte da sotto le costole e va fino a terra, quindi a vita alta.
E’ arricciata dietro ( da un fianco all’altro ) oppure è a pieghe sovrapposte tre volte, davanti c’è solo un accenno di arricciatura. L’arricciatura fatta sul dietro consiste in piccole bastino ravvicinate l’una all’altra come il mantice della fisarmonica e non in una semplice filzetta.
Davanti, sul lato sinistro, c’è un’apertura verticale di 20 cm. corredata di crocetti (gancetti) che servono per chiudere la sottana. Sempre sul davanti, ma sul lato destro,un altro taglio verticale di 20 cm. serve per applicarvi internamente una capace tasca facente la funzione di “borsetta”. Questi due tagli verranno poi nascosti dal grembiule.
In fondo ,all’interno, si applica una striscia di stoffa un po’ rigida, magari un pezzo di tela inamidata alto una trentina di centimetri,che servirà a tenere un po’ più largo il fondo della gonna.L’orlo in fondo è fatto da una fettuccia di lana ripiegata che serve per non consumare il vestito,che, per la sua lunghezza, lambisce la strada.In questo modo, quando l’orlo sarà sciupato, lo si potrà cambiare, senza che la stoffa del vestito venga rovinata.a 25 cm da terra deve esserci una guarnizione. Può essere una striscia di 15/20 cm. di velluto o di pizzo, oppure possono essere due o tre strisce (a scelta) di velluto o di pizzo più basse, oppure un fascio di bastone orizzontali (o due fasce più piccole e distanziate, fatte con la stoffa del vestito).
In alternativa si può applicare della passamaneria di seta, bella, formando delle strisce ondulate,oppure dei tagli “esse” orizzontali che si rincorrono ( ricordo di avere anche visto un costume molto vecchio in velluto che,a 25 cm . da terra,al posto delle guarnizioni, aveva tutto un ricamo in “giaiet”, tinta su tinta del vestito).
I velluti,pizzi,passamanerie,hanno sempre tinte contrastanti con il vestito:se investito è chiaro essi sono scuri e viceversa.Si possono anche fare alcune bastino sotto e sopra alle guarnizioni di velluto e di pizzo.
Corpino
E’ fatto in tre pezzi dietro – come da modello – e parte dalle costole, quindi il corpino è corto e molto attillato.La scollatura dietro è a giro collo, ma scavata di un dito.Il davanti è abbottonato nel centro con dei gancetti;il decoltè è a giro collo , ma scavato di due dita. I corpini erano foderati da una stoffa che poteva essere teli,penso forse per poter sostenere con più forza il peso della sottana molto ampia e arricciata.
Maniche
Coma da modello , strette con gomito a punta.Fatta in due pezzi,la cucitura deve unirsi alla cucitura del carrè della schiena altrimenti il gomito non fa punta ed inoltre la manica “non cade”, come dicono le sarte.
A 3 o 4 cm.dall’inizio manica si applicano le stesse guarnizioni che ci sono sul fondo della sottana (velluto o pizzo o passamaneria o bastine ); al lato esterno di queste guarnizioni si cuciono due o tre bottoncini di foggia antica in simil-oro o in argento.
In fondo alle maniche, attaccato dall’interno in modo che sporgesse un po’,si cuciva un pizzo bianco o crème lievemente arricciato,alto al massimo 2 cm. Lo stesso pizzo si cuciva anche intorno alla scollatura.
Grembiule
Lungo 4 dita in meno del vestito e largo quanto è l’altezza della stoffa ( 130 o 140 cm. se si tratta di taffettà e 90 cm se si tratta di raso ). Le cimosse rimangono ai lati e si devono vedere,quindi vanno ripiegate con l’orlo, Il grembiule è fatto piccole pieghe che si rincorrono poi lasciate libere e fermate in vita da una cinturino della stessa stoffa.A questa cinturino si attaccano 2 fettucce ( una per parte;devono essere lunghe perde si incroceranno dietro e saranno poi legate sul davanti sotto il grembiule ).
Nastro
Si compera un nastro di raso ( può anche andar bene il taffettà ) alto 5 o 6 cm. , lungo 240 cm. A metà si fa un fiocco “gala” ( attenti che le code siano lunghe uguali ) e si applica a metà schiena del corpino servendosi di un ago da balia con il quale si raccoglie anche la fettuccia-cintura del grembiule.
Le due cocche che pendono dal fiocco devono risultare 4 dita più corte del vestito.
In fondo al grembiule si può applicare una punta di pizzo ( ossia un pizzo con punta ) alto 3 dita,oppure si applicano 2 giri ,o anche uno solo,di pizzo, oppure, più semplicemente ,si possono fare delle bustine a tre dita dal fondo,oppure ricamare il grembiule con un tralcio che ricopra l’angolo in basso risalendo verso l’alto,con colori pastello e fiori non grandi ( mi dicono che si possono anche adoperare tinte vivaci; il ricamo va meglio sul raro.IL buon gusto guiderà mettere pizzi sul grembiule se la guarnizione della sottana è di bastone o passamaneria o velluto,mentre bisognerà stare attenti quando la sottana ha già il pizzo al fondo ).
Scialle
I foulard antichi erano di seta pura bianca,panna,con bordo unito all’esterno e poi una fascia di fiori a colori vivaci all’interno del bordo chiaro.
In seguito,non essendo più reperibili questi disegni,si ricorse ai foulard in seta pura operati,con disegno lucido e opaco come il damasco,ma leggeri. Erano rosa,celeste,oro e di tante altre tinte ( non bianchi e non scuri ).
I foulard sono quadrati,il lato è di ottanta/novanta,al massimo cento cm. ed è frangiato con filato in seta colore del fondo del foulard.Per fare la frangia, il filato si infila nel foulard con l’aiuto di un piccolo uncinetto e si forma il primo nodo ( attenti a fare i nodi a distanza ravvicinata gli uni agli altri ).Altri nodi verranno poi legati a mano,in tutto i nodi saranno così tre.Le frange non vanno mai applicate,soltanto infilate nel foulard come descritto.La lunghezza a lavoro finito è di diciotto massimo 20 cm.
Lo scialle va indossato nel seguente modo: si ripiega a triangolo,poi con le mani si fanno tante pieghino una sull’ altra sulla punta che cade nel centro della schiena ( i due lati sovrapposti ) fino a che questo lato diventa corto.A questo punto si fissano le pieghino puntandole con uno spillo e si mette lo scialle sulle spalle.La punta corta scende a metà della schiena:le frange devono partire dal punto in cui finisce la spalla ed inizia la manica ( le frange non devono mai essere sulla spalla o partire dopo la cucitura della spalla ).
Poi il foulard si incrocia sul petto,si allarga e si punta sul grembiule con degli spilli; rimarranno due lembi del foulard che calano,allora si raccolgono e si puntano con un altro spillo ( sempre sul grembiule ) in direzione dei fianchi,così da formare un balconcino di frange che coprono la parte superiore del grembiule.
Ci sono sempre stati anche i foulard di lana ( meno eleganti ) aventi fondo nero,marrone,viola,con fiori vivaci tutt’ intorno e frange più rade e più corte.I foulard di seta ,invece,non hanno mai il fondo scuro.
Stoffe dei vestiti
Sono di taffettà tinta unita o cangiante,in velluto,raso,moirè,in seta e lana,o alpaca in seta o lana.
Le gonne sono larghe 280 cm.( ossia due altezze della stoffa ) oppure due altezze e mezza,ben di rado hanno tre altezze.
I grembiuli sono in taffettà o in raso,larghi quanto l’altezza della stoffa ( e ripeto ,con le cimosse ai lati,che si vedano e senza orli ).
I foulard sono sempre in seta pura,mai di cotone.
Colore delle stoffe: vivaci ma con tonalità calde,antiche ,oppure anche scure.Non vanno renelle tinte pastello ( azzurrini,rosa,verde pisello,ecc. ) .
Il colore del vestito contrasta con quello del grembiule,il foulard contrasta col grembiule.
Le tinte sono contrastanti e vive,ma non devono stridere ( a Molette c’era molto viola ).
Cuffie
Sono in pizzo di cotone azzurrato e inamidato ( occorrono 850 cm. per farle ).
Il cupolino duro si chiama “quassià” e si fodera con della stagnola della stessa tinta del vestito ( questa tinta traspare attraverso il pizzo ) . Ha un nastro ( alto da 7 a 9 cm. e lungo 170 cm. ) in cotone operato,azzurrato ed inamidato.Passa attorno al “quassià” e si lega davanti con un nodo particolare.
Due buchi praticati nel “quassià” permettono ad un bastoncino di legno di intrappolare una ciocca di capelli precedentemente fermata con una stringa ed in questo modo la cuffia rimane ben ferma in testa.
La cuffia è appoggiata sulla nuca,così da formare un’aureola; non deve mai essere appoggiata sul capo : le punte del nodo della cuffia,meglio del nastro,devono appoggiarsi dove finisce la fronte ed iniziano i capelli.
I Balmesi dicevano ”gen bütà la scüffia” , “abbiamo messo la cuffia” e significava che “avevano indossato il costume” e ciocche era un avvenimento importante da onorare e festeggiare.E’ la cuffia quindi che fa del costume tradizionale,anche di tutti i giorni,il costume della festa.
Croce
Oltre alla croce vera e propria,c’è un nodo,una specie di fiocco sovrastante.E’ in metallo bianco per le donne da sposare ed in metallo giallo per quelle sposate. E’ sostenuta da un nastro di velluto nero che fascia il collo ed è fermato sul retro con dei gancetti.La croce appoggia sul decoltè,mentre il nodo,dietro il quale passa il nastrino di velluto, orna il collo.
La croce,diciamo d’oro, delle donne sposate,ha dietro appuntati due nastri di taffettà nero ( pochi sono di raso ) lunghi 150 cm. l’uno.I due nastri sono cuciti uno per parte a lato della chiusura dei gancetti ,sono ripiegati 3 volte su se stessi e scendono sul foulard,dietro le spalle,naturalmente, e quando si balla svolazzano.
N.B. : le ragazze in Processione dovevano portare la croce bianca; se poi,durante la festa danzante,si ornavano della croce gialla della mamma,dovevano però togliere i nastri attaccati al velluto.
Calze
Sono fatte a mano,in lana o filo,con righe orizzontali che riportano i colori del vestito;sono lunghe fin sotto al ginocchio,con la soletta tinta chiara.
Alcune calze,poche,sono a quadretti,lavorati a maglia a due colori incrociati,così da sembrare nastri passati ed incrociati ( non sono mai riuscita a capire come si possono eseguire ).
Scarpe
Erano nere,chiuse, legate o a stivaletto o alla caviglia,con qualche dita di tacco.
Sottovesti
Erano in tela prodotta a Molette , tessuta e confezionata a mano da chi le portava.Erano a righe orizzontali di colori vivaci, grandiose e con la stessa arricciatura della gonna del vestito. In questo modo il vestito diventava una crinolina.
Poi si passò alle sottovesti di lini bianco inamidate,arricciate per mezzo di una fettuccia passata a vita.Allora ,per dare la forma della crinolina,si ricorreva al trucco di prendere un asciugamano ,ripiegarlo,passargli in mezzo un cordino e legarlo a vita,così da creare dietro un cuscinetto.
Gioielli
Oltre alla croce,c’erano altri gioielli che facevano parte del costume.
C’erano orecchini lunghi ed una spilla puntata nel decoltè, all’incrocio del foulard;erano di una sottile lamina di metallo giallo oro,ma oro non era,operati ed a volte con una piccola pietra dura incastonata.Anelli e braccialetti erano sullo stesso stile e materiale.Al collo si portava poi una catena d’oro lunga con medaglia della Madonna ( la croce era già al collo ) e questo monile era veramente d’oro: rappresentava un regalo di persona cara in un’occasione importante.
Le ragazze non sposate portavano anche,in alternativa alla croce,un ciondolo in simil-oro fatto con la solita foggia e metallo leggero,un po’ lavorato in rialzo,che passava nel nastro di velluto nero ed appoggiava sulla scollatura ( largo 4 cm. , lungo 5 cm , fatto un po’ ad esagono ).
Ventaglio
Si legava ad un cordoncino per poterlo appendere alla cintura del grembiule.
N.B. : non fanno parte del costume la borsa e neppure i guanti ( le capaci tasche del vestito sostituivano la borsa ). Preciso questo perché ad Ala e Viù portano guanti e borsa,ma questi accessori non fanno parte de costume di Balme.
Mantiglie
Si appoggiavano sul “quassià” fermandole con uno spillone. Le “quefe”,nere e rettangolari per le signore,venivano drappeggiate sulle spalle o lasciate scendere sciolte.
Per le signorine,c’erano quelle quadrate dette”pate”, erano azzurrate e leggermente inamidate,ripiegate a triangolo ed appoggiate sul “quassià” con lo spillone;la punta più elaborata scendeva a lambire il foulard dietro e le punte laterali toccavano le spalle. Erano molto belle e ne sono rimaste poche, erano chiare , segno di gioventù e freschezza.
Tanto le “quefe” come le “pate” venivano adoperate per le funzioni in Chiesa ,Messa festiva,matrimoni ecc. e durante le Processioni.La sposa dell’anno portava un velo bianco rettangolare ,lungo quasi a coprire tutto il vestito,ornato dei “mufai” ( batuffoli di seta pura colorati,attaccati tutt’intorno al velo ). Il velo era fermato sulla cuffia con uno spillone. Durante le sepolture,le signore e signorine si vestivano con l’abito di tutti i giorni,quindi dimessamente,ed in testa mettevano un foulard di seta i lana,e sopra la “quefa” nera rettangolare di organza opaca.Quando facevano festa in paese, per la battitura dell’orzo,per i fieni ecc., mettevano in testa un cappellino di paglia chiara bordato in seta ,con un nastro,anch’esso in seta,legato intorno con le punte svolazzanti.Questo cappellino di paglia era foderato in tulle ella stessa tinta dei nastri;ad ogni festa,intorno alla”coppa”del cappello,si infilava una coccarda o una stella alpina,un fiore finto o un piumino,così da farlo diventare ricco di mille oggetti ricordo.
Il mio era come tutti, in paglia ed aveva nastro e fodera viola ( i nastri erano in seta pura e la fodera in tulle) ed aveva le guarnizioni che ho appena descritto.
Vestito da uomo
Maglia del bordo
Era in lana greggia di pecora,lavorata a mano con ferri finissimi perché doveva risultare compatta come una stoffa,fatta tutta in un solo pezzo ( i due davanti e la schiena devono essere uniti ).
Le maniche della giacca sono diritte,un po’ abbondanti ,modello normale.La giacca è diritta ,a sacchetto.
Il bordo,largo 10 cm. è fondo rosso,in tutte le tonalità,a scelta,con ricami a fiori vivaci e qualche animaletto .
Questo bordo va rifinito con un nastro di bordura in lana dello stesso rosso del fondo del bordo ricamato;sempre con la stessa bordura si confezionano i tre lacci che legano fra di loro i due davanti del bordo.
La lunghezza di questo bordo ricamato è di circa 150 cm. : le due bande davanti sono lunghe 70 cm. caduta ed il listino che passa dietro al collo è di 14 cm.
La maglia del bordo era soltanto di Balme e Mondrone ,in un secondo tempo fu “scopiazzata” da altri paesi e così come vediamo che Ala,invece del listino diritto dietro ha,come dicono i Balmesi,una specie di “bavaglino” e poi ha anche il bordo più largo. In fondo fondo alle maniche c’è un polsino lavorato a maglia ( 2 diritto e 2 rovescio ) alto 7/8 cm. in cui si alternanostrisce di 2/3 cm. nelle tre tinte predominanti dei fiori ricamati. Le maniche vengono poi rifinite con un festone all’uncinetto,sempre nelle medesime tinte. Lo stesso festone si applica ,uno per tinta ( quindi 3 file o anche solo 2 ) sul lato esterno del bordo,cucendolo sullo stesso e anche sulle tasche ( strette,tagliate orizzontalmente nella giacca,non applicate ).
Il bordo è ricamato su canovaccio a punto criceto ( punto croce piccolo ) .
I bordi delle maniche sono fatti “in serie”,ma sono tutti modelli “esclusivi”, cioè ogni maglia nel bordo riporta un fiore o un animale o altro che la fa distinguere da tutte le altre.
Infatti,le maglie si riconoscevano come se avessero avuto scritto il nome del proprietario soltanto ad osservarle ( i Dematteis in più avevano le maglie con fondo granata ).
La banda sinistra e quella destra del bordo devono avere l’identico disegno: attenti però che se c’è un fiore che si presenta obliquo,dovrà girare a sinistra sul bordo di sinistra e a destra sulla banda di destra,ossia,versola parte esterna del boro tutti due , e così via in modo simmetrico.
Ci sono delle maglie con bordo con fondo blu o nero,ma pur essendo belle,non sono considerate maglie del costume,che devono avere fondo rosso ( nei giorni feriali i nostri antenati portavano queste maglie co bordi a fondo bianco e ricamati con pochi fiori ).
Camicia
Era di tela bianca filata a mano con grandi maniche “alla torero”,polsini non fermati intorno al polso ma lasciati liberi.Era aperta davanti fin quasi a vita ed il collo era finito con un listino. Ai due lati dall’apertura inserivano ( non applicavano ) due pettorine ricamate,oppure facevano due gruppi di pieghine,delle bustine che arrivavano fino alla cintura , poi erano lasciate libere nell’ultimo pezzo della camicia,lunga con spacchi sui fianchi.
Sotto il listino del collo si passa il foulard ripiegato a triangolo,annodato sul davanti con un fiocco.Questo foulard è in seta pure a colori vivaci.
I pantaloni sono neri di panno.
La cintura,alta 15 cm. circa ,è tessuta a mano,in cotone di diverse tinte ed è lunga,come quella dei toreri .
Il cappello è in pelliccia di marmotta.
Una volta gli uomini ( forse solo qualcuno,..non so..) portavano il “codino”, quella treccia che porta Gianduia. La treccia era legata da un nastro che veniva regalato dalla fidanzata e più era bello più la fidanzata era ricca.
Forse ciò avveniva nel 1700,ma anche nel 1800,visto che la mia nonna ricordava ancora qualcuno così pettinato.
Altra curiosità: gli orecchini ( cerchietti ) portati dagli uomini: la mia nonna ricordava ancora un certo Bricco soprannominato “Madonna” con questi “cerchietti”.
Uso dei costumi
Alla domenica per andare a Messa,nelle feste patronali,nei matrimoni,tutti indossavano il costume.
Le ragazze incominciavano verso i 10 anni,usufruendo magari di un vecchio vestito della nonna,poi,man mano che crescevano,si confezionavano con le loro mani un vestito nuovo.
Divenuta signorina “marioiri” , quando la ragazza era eletta priora “prioiri” , doveva avere un vestito nuovo più bello,ed infine,quando si sposava,era d’obbligo un costume fatto o di taffettà o di altre stoffe preziose e foulard in seta pura.
Il vestito veniva indossato da tutte, di qualsiasi età ( così dicasi per gli uomini ) fino a 80 anni,con la cuffia,la croce al collo ( d’oro o in argento a seconda che si trattasse di signore o signorine ) , i gioielli in simil-oro leggero con qualche pietra dura,il ventaglio,niente borsetta e niente guanti.
Se erano in lutto sostituivano la cuffia con un foulard di seta legato intorno al capo,sovrapponendogli,durante le funzioni in Chiesa e nelle Processioni, la “quefa” nera ( non quella da lutto,ma quella bella,la “mantiglia” ).
Nei giorni feriali ci si vestiva con la foggia uguale a quella dei giorni festivi,ma lei stoffe erano di cotone ( il cotone era considerato materiale povero e non era mai adoperato per la festa ) o in lana,tinte grigie o scure.
Non si portava la croce al collo ed in testa si metteva un foulard di cotone,lana o anche seta,ed il foulard che incrociava davanti al petto era o di cotone o lana,non frangiato o con poche frange,corte e rade.
In estate si portava la gonna sempre con la fattura di quella del vestito ed un gilè senza maniche,attillato,con il decoltè rotondo,abbottonato sul davanti con gancetti.Era chiamato “uvata” e poteva essere in tela o in lana; nell’autunno gli si attaccavano le maniche lunghe per ripararsi dal freddo e così il vestito era sempre uno,quello di tutti i giorni,che si modificava a seconda delle stagioni.
Sotto il gilè c’era la camicia di tela bianca,filata e tessuta a mano con la canapa coltivata a Molette e, naturalmente ,confezionata da chi la indossava ( giro collo,maniche aderenti con polsino e scollatura rifiniti con un basso pizzo in cotone bianco ); le maniche non arrivavano al polso,ma erano 5 dita più corte.
Durante la settimana non si portavano gioielli.
Sotto la gonna si portava la sottoveste di tela rigida,sempre filata e confezionata con la canapa prodotta a Molette , a molti colori vivaci , molto bella e fatta come la sottana,che diventava così “a crinolina”.
Le donne quando lavoravano nei campi o nei prati tiravano sù la gonna davanti drappeggiandola e fermandola con un ago da balia alla cintura per essere più libere nei movimenti e per non sciuparla,ed allora saltavano fuori queste splendide sottovesti di tela pesante e colorate.
Il grembiule c’era sempre ed era in cotone.
A volte c’era anche un foulard di lana,incrociato sul gilè,drappeggiato e stretto sul davanti, forse per scaldare il collo,e fermato a vita a metà davanti.
Quando lavoravano in campagna mettevano lei scarpe confezionate da loro con lo spago.Erano fatte a stivaletto alla caviglia ( che chiamavano “piun” ) oppure erano zoccoletti o scarpe a stivaletto ( questo in casa o in paese ) in cuoio con la suola in legno e costellate di “brocche” per non scivolare sul ghiaccio.
Coma già detto le donne in Processione portavano sulla cuffia la “quefa”,mantiglia nera rettangolare,e le ragazze la “pata” , mantiglia azzurrata quadrata, ed andavano a gara a chi l’aveva più bella ( erano care e quindi stabilivano un po’ la ricchezza della persona ).
La sottana larga ed ingombrante,lo stretto listino di velluto intorno all collo,la cuffia sormontata dalla mantiglia,obbligavano le donne ad essere ritte,passod deciso ed elegante,testa eretta per tenere in bilico cuffia e mantiglia e tutto ciò faceva si che,pur essendo gente semplice,avessero tutte un incedere regale e forse erano proprio le mantiglie a dare il tocco finale. Ancora oggi regine e signore di alto lignaggio ,in udienza dal Papa, vediamo che si coprono il capo con sontuose mantiglie nere.Ho anche saputo che nel paese di Premano in Valsassina ( Lecco ) ancora oggi, durante le funzioni religiose e matrimoni,gli abitanti indossano costumi variopinti ed in testa mettono el “quefe” nere: ciò fa pensare che l’usanza delle mantiglie fosse estesa un po’ ovunque.
Bisogna calarsi nel significato di questi costumi,nel tempo in cui turno adoperati,nelle occasioni così significative che parlavano al cuore di chi le indossava, per comprendere che non si è mai trattato di gruppi folcloristici,riservati a giovani e a belle ragazze che sfilavano sorridenti tra l’ammirazione di ali di folla,ma era tutta una popolazione vestita in costume,senza limiti di età,dalla ragazzina alla donna di 80 anni, belle e brutte,tutte erano partecipi,felici ed orgogliose del loro vestito,un tripudio di splendidi colori,di stoffe preziose e di sentimenti e sensazioni profonde.
E’ con questo sentimento che dobbiamo indossare anche noi i costumi conservando l’autenticità della foggia,delle stoffe e delsignificato,altrimenti diventa una delle tante manifestazioni folcloristiche organizzate per la vendemmia o per il carnevale.
“I Balmesi , quando andarono a Roma con Camussot ed al Teatro Regio di Torino per un concorso di costumi, tutto organizzato da Camussot, ed anche quando furono invitati alla veglia dei giornalisti al Carignano, io vi partecipai giovanissima,ed in altre occasioni,erano un gruppo formato da persone di tutte le età,quindi il paese era rappresentato in tutte le sue componenti,indossavano vestiti splendidi,cangianti in tre colori,titti di stoffe veramente preziose ,con fattura perfetta autenticamente antica,ed era questo che contava,era una rappresentanza di autenticità”
Gli uomini durante la settimana mettevano la “maglia del bordo” con bordo bianco ricamato,ma con pochi fiori;era di fattura solita,tutta d’un pezzo,lavorato con ferri finissimi perché doveva risultare un tessuto pesante che sostituisse il cappotto invernale.
La camicia era di tela pesante ed i pantaloni in velluto o in “fustana”.
In estate la maglia del bordo veniva sostituita con un gilè ( di velluto per uso corrente, di leggero panno nero ,più elegante ).
Le calze erano di filo o di lana lavorate a mano.
Ripeto:questo è il costume di Balme e Mondrone,le varianti apportate dagli altri paesi non dobbiamo copiarle, perché il nostro è portato da almeno 200 anni, e forse anche di più,e ciò ci rende maggiormente orgogliosi del nostro costume ( quello maschile pare abbia un aggancio in Spagna e quello femminile in Francia ),conserviamolo così com’è , perché è veramente bello e antico.
N.B. : le donne portavano anche alla festa,sul costume,per ripararsi dal freddo,un foulard di lana molto grande con fiori colorati tutt’attorno e frangiato a frange rade e corte,mentre nei giorni feriali questo foulard,detto scialle era in tinta nera o scura e senza fiori;tutti erano in lana morbida.
Le calze portate dalle donne nei giorni feriali erano fatte a mano in lana greggia con il piede bianco e la gamba marrone o nera ( a seconda del colore della lana delle pecore ). Il piede era fatto a parte per poterlo rifare quando si sciupava.
Gli uomini,quando andavano a caccia,indossavano il classico vestito da cacciatore.
* * * * *
Verso la metà del 1800 i primi uomini incominciarono a raggiungere le città per guadagnare qualche soldino in più ( i primi a partire furono Dematteis,Giuseppe-Pin Breu,mio bisnonno,ed altri 2 uomini di Balme di cui non ricordo il nome ).
La generazione dei figli,allora,si sposa e parte con la moglie alla volta di Torino ( i padri,invece,erano andati soli in città,lasciando la famiglia in montagna.Tornavano di tanto in tanto al loro paese facendo la strada a piedi dalla città ).
Questi sposi,eravamo verso la fine del 1800,giunsero a Torino conoscendo solo il patois di Balme ed un po’ di latino imparato sui libri di preghiera; le spose portavano il costume nei primi tempi,ma poi lo sostituirono con i vestiti di foggia cittadina.
Durante l’estate le spose ritornavano in montagna ed alla festa indossavano il costume,poi col tempo tralasciarono questa abitudine,in compenso facevano indossare i loro costumi alle figlie,perchè li portassero nel Processioni.
I Balmesi che non si erano allontanati dal posto,però,continuavano a sposarsi in costume e a fare vestiti nuovi co i quali partecipavano alle varie manifestazioni,come dissi.
Ancora negli ultimi anni 50 ci furono dei matrimoni in costume ( anche di villeggianti ) e con la partecipazione di tutti,come una volta,ma alle Processioni si vestivano ormai solo più 8 ragazze per portare la statua della Madonna o del Santo festeggiato, e la priora di “mufai”.
Tre anni fa,1984, Don Dino Morando,aiutante del Parroco Don Botta per quell’anno,propose a tutti i paesi di ritornare alle vecchie abitudini,incitò a tirare fuori i vecchi costumi e farne dei nuovi ,e con questi andare in Processione.
La proposta fu accolta con entusiasmo da Balme e da Molette,ed ora sono numerose le persone del posto,oriunde o villeggianti,che indossano felici il costume tradizionale nelle feste patronali.
Faccio notare che però,in questi ultimi 50 anni,le persone che seguivano al Processione in abiti cittadini portavano ancora in capo la “quefa”,appoggiata direttamente sui capelli; era rimasto l’ultimo pezzo del costume,quello che rappresentava il rispetto per la funzione religiosa e il ricordo del passato.
Altra cosa: ci fu un anno in cui parteciparono ancora molte signore sposate in costume ( in occasione di qualche celebrazione ) e lo comprova una foto dove ci siamo noi 8 giovani e le signore con costume e la “quefa” nera ripiegata sul braccio,appena tolta da sopra la cuffia ( la Signora Macario,ancora oggi,durante la funzione religiosa della festa patronale,la mette ).
A chi andava in Processione e portava la Madonna era fatto obbligo di confessarsi e fare la Comunione.
Chi,per sue ragioni personali non poteva,o non voleva accedere a questi Sacramenti,diceva semplicemente:” io quest’anno non mi vesto in costume” oppure “ io quest’anno non porto la Madonna”.
Ciò ci fa concludere che questo costume non era soltanto destinato a feste sull’aia,ma ci fa pensare che per i nostri antenati il costume era qualcosa di sacro,sia perché portava la Croce al collo,sia , e soprattutto, perché era il vestito da sposa,paragonabile al vestito bianco indossato a quei tempi dalle spose di città,e conservato con rispetto e religiosità.
Spesso ,poi, molte volte era appartenuto ai genitori e ai nonni molto cari,diventando quasi una reliquia ( senza contare ,in quei momenti di estrema povertà,quanti sacrifici erano stati richiesti per poter pagare stoffe così care ).
Coloro che hanno radici a Balme, gli oriundi ed i credenti,recepiscono senz’altro questo significato e non possono fare a meno di rispettare la vecchia tradizione della Confessione e della Comunione in occasione di queste solennità religiose in costume ed a queste persone il mio invito a non tralasciare questi Sacramenti è superfluo,ma vorrei invitare anche gli altri,sempre che non abbiano impedimenti personali, certa che sono persone sensibili,avendo aderito alla poesia della tradizione facendo il costume,a prendere questa occasione per Confessarsi e Comunicarsi.
In città ormai si fa di rado,mancano i tempi,incentivi,confessori.
Ritorniamo ai tempi passati non soltanto con i costumi,ma con tutto quello che comportava,cercando di assimilare i sentimenti e le abitudini dei nostri antenati e ritroveremo noi pure la gioia,l’incanto,la commozione che provarono coloro che ci precedettero,soltanto se avremo ripresole vecchie tradizioni.
Soltanto se avremo ripreso le vecchie tradizioni in ogni loro aspetto, i nostri vecchi saranno contenti di questa riesumazioendel loro passato,e le Funzioni e le Processioni non avranno l’aspetto e lo spirito di una riunione di costumi,ma saranno veramente un tributo gradito al Signore,fonte di bene per noi e per quelli che ci hanno preceduti su questa terra,fra questi splendidi monti.
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Dati e notizie sopra esposti li ho ricavati misurando ed osservando attentamente i 6 vestiti centenari che avevo in casa, appartenenti alla nonna e bisnonna; ho poi interpellato persone nate e cresciute a Balme per avere conferme per esempio sull’uso delle “quefe”, particolari sul costume maschile e altre cose che conoscevo soltanto vagamente, così da trascrivere notizie esatte.
Eufrosina
22 Luglio 1987
Chi era Eufrosina, a cura di Maura Bedini